Disorientamento controllato

Un bambino che getta una pietra nell'acqua e ammira i cerchi che vi si disegnano mostra l'impulso che è all'origine di ogni espressione: trasformare il mondo, mettervi la propria impronta.
Il pittore adulto, nello spazio liquido della tela bianca, adopera la matita come un sasso ed i cerchi che vi si formano li riempie di colore, sperimentando una certa maniera di rappresentare la durata.
A differenza del bambino del celebre esempio però il pittore non risponde ad un impulso. Il suo gesto è frutto di una concezione rigorosa dell'opera di immaginazione che realizzerà superando la barriera delle preoccupazioni pittoriche.

Se il fine della pittura è il diletto, secondo le parole di Poussin, di quelle preoccupazioni non resterà traccia sulla tela come non restano visibili le imbastiture in un vestito, le cancellature sul quaderno del poeta, le correzioni sul pentagramma del compositore. I pentimenti offendono chi ha occhi solo per ammirare il percorso trionfale dell'artista, vincitore sulla materia, ignorando che essi fanno parte dei trascorsi dell'opera, della sua storia. Riportandoli come ingredienti nel titolo, invece, potrebbero contribuire a dispiegare, alla lettura, tutti i sapori e tutte le virtù del quadro.

L'esigenza dei titoli, soprattutto nei quadri astratti, fu intuita dal primo pittore astratto, Vasilij Kandinskij, il quale, a partire dalla fine della Prima Guerra Mondiale, incominciò ad usare un repertorio di parole, in relazione alle immagini, scelte con molta cura. Di contro, altri pittori astratti, in seguito, si sono sforzati di rendere le designazioni delle loro opere il più possibile neutre: “ Senza titolo”, “ Composizione”, “ Superficie”. “ Non osando avventurarsi troppo nel regno delle parole”, per citare il critico Michel Butor.

Appartengo alla categoria di quelli che “osano” e nella scelta dei titoli delle mie opere ho cercato di rivelare la freschezza del mio sguardo sul mondo esterno. Così in “ Nel pieno bagliore” ho catturato i riflessi di luce che si fanno segno vibrante contro un fondo compatto. Nel “ Mariage berber “ lo scintillio d'argento dei decori del velo rosso carminio di una sposa berbera  agitato dal vento del deserto.
Il mio interesse per le scritture straniere e la sfida che esse comportano nel non saperle leggere mi ha fatto decidere talvolta di inventarne apertamente altre, straniere per tutti. Ciò mi ha permesso di introdurre nel quadro zone di “ Disorientamento controllato “, in cui segni notevolmente animati si imparentano con le figure in successione di un pittogramma.

Nella ricerca di un mio personale linguaggio espressivo sono partito dalle opere di Kandinskij e di Paul Klee studiate come testi. Incantato dalla ricchezza del colore dell'ultimo Matisse e dagli effetti di movimento che danno i colori complementari messi in rapporto tra  loro, del Balla astrattista e post-futurista. Ho considerato la loro lezione filtrata dai risultati conseguiti nella seconda metà del Novecento dagli artisti che prima di me li avevano eletti come maestri. Gli esponenti della contemplativa e misticheggiante Color- Field Abstaction americana, il cui estremo rigore formale, in opposizione all'Action painting e all'Espressionismo astratto, è lo stesso a cui sono pervenuti alcuni artisti della seconda avanguardia italiana, tra cui Dorazio.

Dall'analisi di questi fenomeni artistici e dall'incontro diretto con le opere che ne sono scaturite, in mostre, rassegne e musei di arte contemporanea, attraverso distinzioni di valori e di stili, ho ricavato un mio modo di intendere la pittura. Frutto quindi di un rapporto intellettuale e di un contatto sensuale. Ho cercato di riprendere il filo della pittura di quegli artisti del recente passato, applicando un metodo, secondo la tradizione italiana ed europea, così che i miei quadri risultano il prodotto di una esperienza di vita che poi si trasforma in forme e colori.

Peppe Occhipinti.